Ai turisti piace la neve, ma all’Irpinia non piacciono i turisti.

Quando arriva la neve tutti festeggiano, sono tutti felici.
Si dice in Irpinia, e sopratutto lassù a Laceno, che con la neve arrivano i turisti.

Allo stesso tempo esplodono le discussioni, le stesse che leggi in estate quando siamo pieni di sagre ed eventi, quando di pronuncia “turismo”.
Ma siamo davvero tutti sicuri che la neve, le sagre, i paesaggi creino questo fenomeno, oppure non è così?

Da anni ci sono i titoloni e le cifre (sparate senza criterio) sui giornali, le classiche foto di auto in fila alla sagra di Bagnoli, le bancarelle incasinate una sull’altra a San Gerardo che, per me, sono l’immagine di disagi e disservizi che si manifestano non appena proviamo ad accogliere le folle.
Accade lo stesso con la neve, quando le strade sono impraticabili e l’accessibilità è ai limiti.

Allora signori, vi do una notizia: questo non è turismo. 

I dati che ci fornisce la Camera di Commercio di Avellino in merito alle presenze turistiche, infatti, ci restituiscono un triste dato: il turismo in Irpinia è in calo, in media il 15% in meno ogni anno, quindi non c’è.

Perché accade questo? Ma come è possibile? 
Ci raccontano di finanziamenti a pioggia sugli eventi, di riaperture di ferrovie (giusto?), i politici riempiono la bocca di questa parola ad ogni comizio, e davvero i risultati sono questi?
Si è così, se esiste una cosa che non si può discutere sono i dati, e i dati della provincia di Avellino sono impietosi.
C’è qualche problema allora, e probabilmente è anche semplice: se trovi disagio in quel posto non ci torni, non lo sponsorizzi e tanto meno ci porti la suocera l’anno successivo.

In fondo l’analisi è anche semplice: il nostro territorio non riesce a fornire i servizi essenziali ai suoi cittadini (trasporti, sanità, informazioni, ecc.) come potete mai pensare che li possa offrire ai turisti che, in fondo, sono cittadini temporanei di un luogo?
Voi andreste in un luogo dove se ti viene un infarto o ti rompi una gamba non c’è un ospedale?
Io no.

Immaginate due turisti alle prese con la neve, uno in Alta Irpinia e l’altro in Trentino, il primo bloccato e il secondo senza disagio alcuno, libero di muoversi come se ci fosse il sole.
Il primo avrà un’esperienza negativa a vita, il secondo andrà a sciare anche l’anno successivo in quel posto. Ed ecco perché li c’è il turismo e qui no, il turista arriva dove ci sono i servizi, non dove c’è il nulla se non pale eoliche e pozzi petroliferi.

Se a ciò aggiungiamo che promuoviamo (in maniera pessima e senza criterio, sia chiaro, vedi qui ad esempio https://www.facebook.com/siatavellino/?fref=ts) qualcosa e servizi che sono solo in foto o sulla carta e che in realtà non esistono, allora “i turisti” scappano, e ti fanno anche pubblicità negativa.

Se ci aggiungiamo che l’Irpinia non ha programmazione, progetti e vera volontà politica di fare questa cosa strana delle persone da far dormire, il risultato è servito.

Forza e coraggio allora, spaliamo e programmiamo, magari tra vent’anni avremo i primi veri turisti (quelli che dormono negli alberghi).

Prove tecniche di distretto turistico: ecco visitsangerardo.it

Di opportunità il mondo del turismo ne è pieno e la formula magica necessaria per coglierle, quella che tutti decantano, è una: fare rete.
È partendo da questo presupposto che qualcosa si sta muovendo a San Gerardo dove un gruppo di imprenditori, supportati da 4 giovani studiosi e appassionati della materia (tra cui io) si stanno facendo promotori di questo ambizioso progetto: www.visitsangerardo.it

Un progetto che ha come obiettivo principale quello del dialogo e della rete per arrivare a promuovere meglio la destinazione San Gerardo e Alta Valle del Sele attraverso l’aggregazione e il cogliere le opportunità che la rete d’impresa offre.
Un progetto che parte dal basso, supportato degli stessi privati che si sono fatti comitato promotore, con l’idea di allargare la compagine a più imprese (del comparto turistico e non) possibili.

Tutti i dettagli, i tempi e gli obiettivi sono ampiamente specificati su sito web dell’iniziativa dove si legge chiaramente che si vuole “organizzare la destinazione turistica San Gerardo e Alta Valle del Sele attraverso su sistema di Destination Management Organization promosso da privati. Il progetto punta  a costruire una destinazione turistica completa con la definizione di una strategia in grado di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta turistica per proporsi sul mercato in maniera vincente”.

Il comitato promotore però, prima di valutare la tipologia di forma aggregativa da costituire, apre una call a tutti coloro che voglio contribuire (consapevoli dell’impegno e dell’importanza di mettersi in gioco in prima persona), chiedendo di iscriversi al progetto.
Per partecipare ed essere informati sugli sviluppi basta compilare il format sul sito web.

Tutto molto ambizioso, tutto molto bello e fondamentale per questo settore.
Dunque forza che presto ci sarà un incontro. 

Si discute e si parla di turismo con il territorio, finalmente.

Da sempre ritengo che per poter fare turismo è necessario ascoltare le esigenze del territorio e costruire dei piani partecipati per la definizione delle strategie e delle azioni da intraprendere, sulla base dei suggerimenti e delle richieste degli operatori, di chi il turismo lo fa quotidianamente.

Per anni appelli di questo genere sono rimasti inascoltati e i piani turistici (quei pochi fatti) sono stati costruiti dall’alto, redatti da consulenti più o meno bravi, e calati sulle realtà senza ascoltare chi il turismo lo fa e costruisce ogni giorno. Piani, tra l’altro, anche non attuati, disattesi e rimasti carta.
Ora, dopo anni di fondi europei utilizzati in maniera discutibile con scarsi risultati in termini di sviluppo, finalmente qualcuno ha deciso di ascoltare i fabbisogni del territorio per individuare le azioni giuste da intraprendere, prima di spendere risorse inutilmente.

Mi viene da dire, meglio tardi che mai, e visti i risultati del passato  (tendenza al calo di presenze turistiche in Provincia di Avellino pari al – 10% annuo, dati Camera di Commercio 2014) speriamo in una svolta.
L’iniziativa, lodevole, è di tutti i Gal (Gruppi di Azione Locale) della provincia, che in questi mesi stanno incontrando a vario titolo e con vari temi, le differenti realtà di tutta l’Irpinia, impegnati in una campagna d’ascolto interessante.
É il caso anche del Gal Irpinia che venerdì 15 sarà a Caposele per l’ultimo degli incontri destinati agli operatori turistici del territorio (tutte le date qui http://psr2020.galirpinia.it/).

Questa è davvero un’occasione più unica che rara per tutti noi, perché l’obiettivo è arrivare a costruire una strategia di sviluppo locale condivisa con una serie di incontri volti a raccogliere i fabbisogni del territorio, e in particolare, scrivono sul sito ufficiale: “Incontreremo le associazioni del territorio impegnate nell’attivazione di percorsi turistici e capiremo insieme quali strategie definire per migliorare la conoscenza del territorio per aumentare la consapevolezza delle nostre potenzialità. Grande attenzione sarà riservata all’analisi delle caratteristiche salienti del territorio per intraprendere azioni di tutela e conservazione come elemento di attrazione turistica”.

É l’occasione per il nostro territorio di proporre e palesare le proprie esigenze e i propri fabbisogni (il modulo per iscriversi è qui) e costruire il percorso di sviluppo necessario ad accrescere il settore.

Io, dal mio canto, porterò queste proposte:

– necessità di analizzare il fenomeno turistico, finanziare uno studio approfondito e serio sulla tipologia di domanda, sul numero dei turisti e sui flussi turistici;

– avviare percorsi di innovazione sociale legati allo smartrural, attraverso l’uso combinato dell’agricoltura e del digitale, anche attraverso quello che ho scritto qui;

– puntare sullo sviluppo delle esperienze turistiche più che sulla costruzione del brand (purtroppo Irpinia è uguale a terremoto nella percezione comune e di difficile miglioramento come brand).

Dobbiamo costruire e vendere esperienze al turista del futuro (quello delle 5i, per dirla con i termini di Ejarque) che oggi è: innovatore, sempre alla ricerca di esperienze nuove, non ama ripetere gli stessi viaggi e andare negli stessi posti, informato, perché sceglie la destinazione, l’albergo o il servizio dopo aver raccolto informazioni e confrontato proposte differenti, impaziente, perché la velocità del web e la facilità d’uso degli smartphone lo hanno reso insofferente all’attesa, illuso, perché per lui la vacanza rappresenta un sogno, carico di aspettative, infedele, perché desidera vivere esperienze diverse, sempre alla ricerca di novità.

– fare un piano di comunicazione che punti per l’80% sul digitale, su una comunicazione diversa.

A venerdì, per la ri-volta buona.

Pensare prima vince, sopratutto bandi.

Care Proloco, care associazioni pro eventi e territorio,
quando i Comuni vi dicono che non ci sono soldi per i vostri eventi spesso non è vero, spesso sono i vostri amministratori che non sanno intercettarli perché non programmano (secco e crudele lo sò).
Ecco l’esempio e perché.
Oggi la Regione Campania (lo fa quasi ogni anno a Maggio/Giugno e Settembre/Ottobre) ha pubblicato un avviso pubblico dove vengono finanziate attività promozionali per eventi a livello regionale e interregionale.

In particolare vengono finanziate due categorie, nel periodo tra Giugno 2016 e Gennaio 2017:
– Eventi di rilevanza nazionale ed internazionale;
– Iniziative promozionali sul territorio regionale.

Per i primi sono previste risorse pari a 3.000.000 di euro, per i secondi 1.000.000 dove sugli eventi possono essere richiesti interventi da 100.000 a 150.000 euro e sulle iniziative da 40.000 a 50.000.
I destinatari sono, ovviamente, i Comuni in forma singola o associata.

Problema: la scadenza è brevissima, 11 luglio 2016, quindi circa 3 settimane da oggi. Un tempo molto breve per programmare eventi se già non ci si è mossi in questa direzione (almeno per quelli estivi).

Ora immaginate se la vostra Amministrazione vi avesse convocato a Marzo chiedendovi che tipologia di eventi avevate in mente e facendovi rispondere ad un piccolo schema progettuale con tutto quello che oggi la Regione Campania chiede.
Immaginate se, chi si occupa di promozione turistica e gli assessorati al turismo avessero già fatto tutto e ad oggi, il vostro Comune avesse già un calendario estivo.

I vantaggi sarebbero moltissimi:
– la promozione del vostro evento avverrebbe molto prima e raggiungerebbe molte più persone;
– gli eventi potrebbero essere inseriti in circuiti commerciali legati ad agenzie di viaggio e tour operator e in pacchetti turistici;
– di potrebbe iniziare a ragionare in ottica di territorio e non di Comune, (facendo rete e punteggio in questi bandi);
– infine, si potrebbe rispondere in maniera molto semplice a bandi come questo, senza corse e con una strategia alla base.

Ma anche quest’anno il calendario del vostro Comune uscirà il 31 luglio con il primo evento al primo agosto, con fantomatici e potenziali turisti che dovrebbero organizzare la loro vacanza in cinque minuti per soggiornare nel vostro territorio, e i soliti eventi non costruiti mai per i turisti (quelli che comprano i pacchetti turistici, che dormono e mangiano nei ristoranti) ma per gli escursionisti (quelli che arrivano, sporcano, comprano dal paninaro e se ne vanno).

Se vogliamo fare economia turistica iniziamo a parlare di programmazione, se vogliamo creare occupazione cominciamo a lavorare in questo modo, sopratutto e anche per cogliere queste opportunità senza rincorrere il calendario.

Chissà.

L’avviso pubblico è qui.

La Campania turistica cambia, l’Irpinia è ancora ferma.

In passato (2014) la Regione Campania ha riformato il sistema turistico con una nuova legge e ne ho già ampiamente discusso qui.
Tra le varie novità previste le più rilevanti sono la soppressione degli enti provinciali del turismo (EPT) in favore di un’agenzia di promozione unitaria che si occuperà della promozione dell’intera Campania, e l’istituzione dei Poli Turistici Locali.

La buona e grande novità prevista da questa legge, che tra un po’ compirà due anni e che attende ancora i decreti attuativi, si presenta proprio in questi Poli e che di fatto prevedono la possibilità di costruire “destinazioni turistiche” dal basso facendo confluire al suo interno soggetti pubblici e privati.

Il punto forte della riforma del settore sono gli ambiti territoriali omogenei (ATTO) “aree delimitate in cui, per storia turistica o per chiara potenzialità, sono organizzate ed ottimizzate le offerte dei servizi pubblici e privati per il turismo e dove sono integrati il patrimonio umano, ambientale, produttivo e culturale del territorio”, che potenzialmente avranno una maggiore capacità di mettere insieme territori con caratteristiche similari, ma che non ricadono necessariamente nello stesso ambito provinciale (come accadeva con gli Ept).

Per il settore turistico questo passaggio è fondamentale: il turista infatti non vede confini istituzionali (come erano presenti con gli EPT su base provinciale) e riuscire a coordinare e promuovere dei territori che potenzialmente possono essere dei prodotti turistici completi e uniformi è un grande vantaggio.
Secondo la legge l’individuazione di questi ambiti spetterebbe alla Regione ma è anche possibile che i territori si propongano alla stessa autonomamente, atto che stanno facendo in molti, ma che in Irpinia non vede ancora nulla a riguardo.

Riuscire a costruire un ambito territoriale omogeneo prima che lo faccia la Regione può avere numerosi vantaggi in termini di finanziamenti, di promozione turistica e di realizzazione di prodotti turistici appetibili, nonché di anticipo dei lavori rispetto al futuro che sarà.

Il Salernitano e il Beneventano si stanno muovendo, vari territori hanno costruito ATS finalizzate a Poli Turistici Locali, l’Irpinia purtroppo non si muove (in passato ho sentito di sistemi turistici locali, ma poi più nulla https://stlirpinia.wordpress.com/).
Se la Regione dovesse, ancora una volta, individuare come ATTO l’Irpinia intera, forse ci sarebbe un grande errore non essendo la stessa del tutto omogenea e spendibile come prodotto turistico unitario.

E’ dunque giunta l’ora di avviare un dialogo pubblico/privato in questa direzione volto a proiettarsi verso la nuova legge regionale e alla nuova modalità di promozione e costruzione dei prodotti turistici.
A quando le prime ATS nella Valle del Sele, nella Valle dell’Ufita, nell’area del Partenio, nell’Alta Irpinia, allora?
L’Irpinia turistica purtroppo già non esiste, allora questo territorio vuole ancora una volta rincorrere le scadenze e farsi calare dall’alto le decisioni, oppure vuole svegliare questo settore e correre nella giusta direzione?

La Regione Campania indica chiaramente la necessità di superare i campanilismi nel turismo, per una volta che la strada indicata è giusta seguiamola, dialoghiamo e costruiamo le destinazioni irpine una volta per tutte, dal basso e insieme.

P.s. Speriamo che qualcuno legga.

Hanno fatto il Borgo di Quaglietta, ora ci vuole il visionario che lo gestisca (ecco perché).

C’è sempre difficoltà e manca la mentalità giusta per capire che nel turismo vanno investite risorse, tempi e soprattutto progetti, non spolpati vivi i territori pur di campare.

A Calabritto, con il Borgo di Quaglietta, sono nella medesima situazione.

I tempi sono stati accelerati tantissimo e sono felice di poter leggere che il Comune ha, in seguito all’inaugurazione dello scorso 30 aprile, aperto una manifestazione di interesse per la gestione nei confronti di persone fisiche o associazioni no profit a condizioni, a mio parere, proibitive per qualsiasi organismo.

La manifestazione di interesse, infatti, mette in evidenza come chi gestirà il borgo dovrà farlo a queste condizioni:
– Effettuare a proprie spese i necessari interventi finalizzati all’ottenimento delle certificazioni di legge, in primis il Certificato di Agibilità;
– Completare a proprie spese la manutenzione di n. 59 alloggi nel rispetto dei requisiti minimi obbligatori previsti dalla vigente legislazione turistica regionale per la classificazione dell’Albergo Diffuso nel livello “3 Stelle” per una cifra pari a Euro 450.345,05 iva esclusa, da completare in 36/48 mesi (interventi e arredi che poi diverranno di proprietà del Comune);
– Canone di affitto annuo di min. 50.000 euro (base d’asta, per cui potrebbe aumentare) da cui però sottrarre le spese di manutenzione effettuate ma versando comunque, annualmente almeno 12.500 euro da corrispondere al Comune.

Condizioni che denotano alcune cose:
 1. Il Borgo non è stato inaugurato, ma ne è stata inaugurata solo una parte (21 alloggi su 59);
 2. L’Ente ha poca intenzione di affidare la gestione ai giovani, alle imprese locali e in generale favorire la comunità di Calabritto e Quaglietta;
 3. Non saranno previste premialità particolari per chi rende il Borgo un vero Albergo Diffuso;
 4. Non saranno inserite delle clausole che spingano a ripopolare il borgo con elementi caratterizzanti della comunità, cosa che costruisce di fatto un albergo diffuso;
 5. La gestione che vedremo sarà un albergo dentro un borgo, che di diffuso avrà solo la struttura;
 6. Nessun particolare ritorno per il territorio, molto probabilmente non ci saranno imprenditori del posto disposti a prendersi un tale rischio economico senza adeguate garanzie (almeno in termini di tempi di gestione).

Le condizioni dettate infatti richiedono la presenza di una grande società con grandi capitali e una grande forza alle spalle, non sicuramente una cooperativa di giovani o peggio, un’associazione non profit come recita la manifestazione.
Infatti, facendo una semplice proiezione dei costi/ricavi a 48 mesi (tempo max previsto per la ristrutturazione) e considerando che ad oggi sono solo 21 su 80 alloggi disponibili, la situazione è molto complessa.

Pensiamo, ottimisticamente, di riuscire a mettere in moto il primo anno i 21 alloggi già disponibili, e di arrivare a ristrutturarli tutti al quarto anno con una messa a regime di circa 20 alloggi annui. In tali condizioni il Borgo dovrebbe ospitare, per rendere la sua gestione sostenibile, intorno alle 30.000 presenze annue, vale a dire, circa il 20% delle presenze turistiche di tutta la Provincia di Avellino (173.417 nel 2014, cfrt. dati Camera di Commercio) pari ad un numero maggiore di presenze di tutto il comprensorio del Lago Laceno (25.460 Dati Sviluppo Italia 2004). E questo fin da subito.
Difficile se non impossibile per una struttura che si appresta a partire ora e considerando che le presenze in provincia di Avellino hanno una tendenza a scendere del 15% annuo (dati Camera di Commercio, 2014).

Le mie domande, a questo punto sono:
– in che modo si intende coinvolgere la comunità di Quaglietta per far si che sia davvero un albergo diffuso?
– esiste un’impresa o un giovane irpino che possa investire tutti questi denari in un’attività che di fatto non esiste e che è da far partire da zero?
– vengono chiesti tutti questi sacrifici, ma 9 anni di concessione non sono pochi a fronte di tutte queste richieste?
– dov’è il ruolo del pubblico, riscuote soltanto?

L’impressione che ho è che non si abbia la minima idea di come un’impresa turistica sia complessa e di come l’ospitalità sia difficile, ma che si voglia fare cassa subito su un bene che, nelle condizioni attuali, non è in grado di generare un’attività economica sostenibile.

Ci vorrebbe un piano almeno decennale con al centro il territorio come ho già detto 4 anni fa qui.

Peccato.
Mi auguro che venga fuori comunque un visionario capace di credere in un’impresa del genere (secondo me impossibile per qualsiasi giovane del territorio, se pur ambizioso) ma soprattutto con il capitale richiesto necessario (e forse un londinese o americano a Calabritto lo trovano).
Oppure mi auguro che gli Amministratori si riprendano dai fumi della campagna elettorale.

In bocca al lupo (all’Alta Valle del Sele).

P.s. La manifestazione di interesse è disponibile sul sito del Comune di Calabritto e la scadenza è il 19 Maggio 2016.

Perchè l’Irpinia forse ce la può fare (turisticamente parlando).

Quello che stiamo vivendo è un momento di campagna elettorale e capisco perfettamente che le inaugurazioni in pompa magna, come quella del Borgo di Quaglietta, siano la normalità e che il turismo sia la parola più utilizzata nei comuni che si apprestano a votare, ma suggerisco ai candidati di guardare alcuni dati perché oggi la verità è una sola, aldilà di facili discorsi: Avellino e l’Irpinia, turisticamente parlando, non esistono.

Analizzando i dati sul rapporto del turismo 2016 appena diffuso da Unicredit ciò è evidente.
Avellino presenta solo lo 0,9% delle presenze della Regione Campania di fronte al 64,2% della Provincia di Napoli e al 30,3% di Salerno.

Fonte: Unicredit, Rapporto sul Turismo 2016.

Ciò significa che i turisti (quelli veri che rimangono sul territorio per almeno 24h dormendo in una località, NON gli escursionisti mordi e fuggi) non ci sono e bisognerebbe chiedersi come mai questa percentuale, nonostante i proclami e i fondi a pioggia sugli eventi e su altro, non aumentino.
Una delle prime cause è sicuramente la mancanza di servizi turistici sul territorio dove i famosi agriturismi, quelli che pensiamo siano la maggior parte delle strutture turistiche esistenti in provincia, sono solo il 3,5% della ricettività totale regionale.

Fonte: Unicredit, Rapporto sul Turismo 2016.

I servizi per i turisti in provincia di Avellino non ci sono e probabilmente il primo punto su cui iniziare a battere seriamente è proprio quello: aumentare la capacità ricettiva dell’Irpinia e il numero di servizi incoming della stessa (guide autorizzate, accompagnatori turistici, trasporti, trekking, escursioni, ecc), puntando ad aumentare il tasso di occupazione medio delle strutture ricettive, il solo modo per generare economia e posti di lavoro.

Una speranza e una prospettiva c’è infatti ed è molto chiara. Lo stesso rapporto sottolinea come la tendenza dei nuovi turisti sia quella legata a “esperienze di immersione nella comunità ospitante” dove “il viaggiatore contemporaneo ricerca sempre più delle esperienze calibrate sulle proprie esigenze e passioni e sul proprio stile di vita, dunque non massificate e standardizzate”.
L’Irpinia dunque abbandoni l’idea del turismo di massa e fatta dei grandi numeri, quella del “trasciniamo” i turisti della costa, anche perché chi va in costiera non vuole venire in Irpinia, altrimenti ci verrebbe direttamente.

Tornando alle prospettive, il rapporto sottolinea come le tre categorie di turisti che crescono di più sono quelle legate agli agriturismi con più di 11 milioni di presenze e oltre il 57% di stranieri (il 57%!), e una crescita pari al 20% negli ultimi anni.

Fonte: Unicredit, Rapporto sul Turismo 2016.

A seguire c’è il turismo enogastronomico che è molto apprezzato dai turisti stranieri (85% si dice molto soddisfatto dall’esperienza enogastronomica italiana), che spesso sfocia in un acquisto di un prodotto enogastronomico (85% dei casi) che crea economia collaterale al turismo.
Infine si evidenzia una tendenza nel turismo montano, quello amato particolarmente da tedeschi e austriaci, dove la riformulazione dell’offerta turistica in chiave sportiva (trekking, bike, escursionismo) rispetto al turismo legato alla neve, deve diventare l’obiettivo del futuro.

Ed è in questi trend che l’Irpinia deve inserirsi, affidandosi a questi dati.

C’è bisogno sempre più di investimenti in servizi turistici a tutti i livelli, di veri alberghi diffusi, di comunità che accolgono e propongo vita locale con enogastronomia d’eccellenza, che offrono esperienze non di massa ma lente, autentiche e fortemente legate alle esigenze del turista, abbandonando l’idea che il turismo vero è solo quello numeroso.
I turisti veri che l’Irpinia deve ricercare non sono quelli attuali, sono quelli (di minor numero) che il futuro ci sta riservando, quelli che vogliono l’autenticità, quella che non si può ottenere con i grandi numeri: la speranza risiede in questa autenticità che bisogna preservare e vendere.

C’è bisogno di questo affiancato alla costruzione di destinazioni turistiche che speriamo possano partire al più presto quando la Regione deciderà di dare finalmente attuazione alla nuova legge regionale sul turismo approvata nell’agosto 2014 e deciderà, attraverso i Poli Turistici Locali, di dare la parola ai territori permettendo loro di arrivare a costruire un’offerta turistica degna di tal nome, capace di far aumentare le presenze e generare economia.

C’è bisogno di tutelare il territorio sotto tutti i punti di vista:dal rischio trivelle all’eolico selvaggio fino all’intramontabile rischio discariche.

Saremo capaci di capirlo e lo sentiremo da un palco? Magari con i dati alla mano si.

Panoramica dal Borgo di Quaglietta.

Il turismo, unico settore per ripartire, con T.R.A.m.

Quando il territorio della provincia di Avellino decide di muoversi, spesso lo fa bene mettendo insieme un circuito virtuoso di idee, potenzialità e reti di attori che andrebbe replicato più spesso soprattutto nel settore turistico.
Questa provincia, a volte, riesce a fare rete con progettualità davvero interessanti che sono buone prassi replicabili.
E’ il caso del progetto T.R.A.m. “Un mestiere per non partire”, in cui l’opportunità offerta è importante per tanti giovani della provincia.
Infatti, l’obiettivo del progetto è quello di valorizzare il territorio e dare ai giovani gli strumenti per intraprendere un eventuale percorso imprenditoriale, gettando le basi per un circuito di turismo sostenibile ed ambientale su cui l’Irpinia ha ampie possibilità.
L’obiettivo più importante però è quello di coinvolgere e permettere a tanti giovani di riconoscere le potenzialità di questa terra fornendo loro gli strumenti per farlo.
I destinatari diretti saranno 100 giovani tra i 18 e i 35 anni di cui 25 residenti nella provincia di Avellino, che verranno formati in quattro ambiti: agenti di turismo, comunicazione e web marketing, operatore di agenzia di servizi turistici e sviluppo personale, sia attraverso lezioni frontali che grazie all’utilizzo di una piattaforma di e – learning dedicata.
Il percorso formativo troverà la sua applicazione nel progetto stesso con la mappatura del territorio e la creazione di itinerari turistici fruibili anche da persone diversamente abili e, grazie ad attività intergenerazionali (con l’incontro di giovani delle scuole di ogni grado e anziani), si andrà a recuperare la memoria storica di questi luoghi.

Si potranno mettere le basi per la costruzione di una squadra con le competenze necessarie ad essere outsider all’intero di una provincia che non riesce ancora ad esprimere al massimo le sue potenzialità in questo settore. Questo gruppo di giovani sarà consapevole delle potenzialità dell’Irpinia, elemento che spesso manca nelle nuove generazioni.
Saranno consci, al termine delle attività, dell’importanza di acquisire competenze specifiche per diversificare l’offerta di servizi turistici sul nostro territorio, servizi di cui questa terra ha un estremo bisogno.
Il progetto è articolato e vedrà la partecipazione in Associazione temporanea di scopo del Comune di Summonte, Comune di Pratola Serra, Comune di Montefredane, Comune di Montoro, dell’Associazione capofila Terra di mezzo e l’associazione Step Europa. Altri partner che sostengono il progetto sono il CSV di Avellino, la Pro Loco di Avellino, società cooperativa GEA Irpinia, associazione Guardavanti: per il futuro dei bambini.
E’ una grande opportunità per i giovani, ma soprattutto per il territorio e sono felice che qualcuno in questa Irpinia ancora ci creda e si impegni per realizzare il sogno turistico di questa verde piccola Irlanda. 
Tutte le info sul progetto e sul come partecipare qui: http://www.progettotram.com/

Caposele, cosa c’è di turistico in questo Comune, ma soprattutto: cosa fare?

Nel corso del tempo da più lati mi è stato chiesto di relazionare sullo stato del turismo di questo Comune chiedendomi anche che cosa bisogna fare per permettere di costruire una economia basata sul turismo e che possa iniziare a far vivere tutta la popolazione di questa straordinaria opportunità.
E allora ho deciso di rendere pubblica questa mia “strana” visione del turismo a Caposele, sulla base delle linee guida che mi furono date dal segretario del PD locale nel richiedermi una relazione sullo stato del turismo a Caposele:

1. cosa ha fatto e deve fare il pubblico;
2. cosa ha fatto e deve fare il privato;
3. cosa fare e da dove bisogna partire, soprattuto in termini di promozione.

Il Comune di Caposele da anni lavora sul settore del turismo al fine di provare a creare uno sviluppo intorno a questo mondo, all’interno del quale molti vedono altissime potenzialità.
Ma uno dei punti da cui partire nel momento in cui si parla di turismo è quello di iniziare a vedere il turismo come qualcosa di professionale e non come un hobby affidato a chi si occupa di altro.
Esistono in questo senso numerose figure professionali che si occupano di questo settore, dai professionisti della comunicazione e della programmazione turistica ai Destination Manager. Essi, in questo mondo, sono necessari perché stiamo parlando di un settore che si evolve in continuazione e rimanere indietro, non investendo e aggiornandosi, fa perdere immediatamente competitività sul mercato.
Oggi, infatti, si compete in un mercato mondiale grazie ai voli low cost, alle nuove tecnologie e alle continue nuove motivazioni che vengono generate all’interno del mercato grazie a nuovi bisogni che continuamente nascono nella domanda turistica.

Dunque Caposele deve riuscire ad essere competitiva come destinazione e non come singoli che soli, all’interno di un mercato globale non possono competere.

Il Comune di Caposele, gli operatori turistici e tutti coloro che intendono lavorare all’interno di questo settore non possono pensare di vivere isolati da queste logiche e chiudersi in loro stessi, è necessario allargare le vedute.

Cosa si è fatto nel pubblico?
In questi anni la volontà di investire in questo settore da parte dell’Amministrazione Comunale è stata chiara ed evidente. Tutti gli interventi fatti riguardano una serie di cose che hanno chiaramente evidenziato la volontà del Comune di investire nel turismo.
A mio avviso però tutti gli interventi fatti hanno mancato di una cosa fondamentale: la programmazione.
Non sembra esserci una strategia di fondo e gli interventi sembrano “spot” che sono slegati dal Piano Turistico Comunale. A mio avviso manca una visione a lungo termine di quello che si vuole fare da qui a 10 anni e su che tipologia di turismo si vuole investire. Con la costruzione di un piano si pongono le basi per la costruzione di una linea guida a lungo termine in materia turistica.
Non mi è chiara infatti quale sia stato il principio secondo il quale si siano costruiti anche due piani turistici: uno per Caposele e uno per Materdomini.
Il turista non suddivide il comune, ne tanto meno le provincie e le aree, il turista pensa alla destinazione in generale senza considerare i confini istituzionali. Il piano è e deve essere del Comune di Caposele nella sua interezza.
Pur apprezzando lo sforzo fatto nel cercare di avviare un percorso di questo tipo volto a definire in maniera chiara gli obiettivi, noto che in entrambi i piani proposti c’è un forte sbilanciamento rispetto alla realizzazione di opere pubbliche (che sono sicuramente importanti, soprattuto per i cittadini e poi anche per i turisti), ma mancano elementi essenziali per poter parlare di Piano Turistico: la formazione degli operatori, la definizione dei regolamenti comunali, la gestione della logistica, l’organizzazione dei servizi pubblici, elementi di promozione ed degli eventi, il piano e le azioni di marketing da avviare, ecc.
Penso sia mancata però sopratutto un’analisi del fenomeno, che a mio avviso andrebbe fatta per capire chi sono i turisti e cosa offrirgli, e di conseguenza quello che potenzialmente potrebbero chiedere sulla base delle caratteristiche emerse.
Perchè un Piano Turistico prevede essenzialmente alcuni passaggi: un’analisi S.W.O.T., cioè della situazione attuale, un’analisi del fenomeno turistico, la definizione di alcuni obiettivi (magari SMART, specific, misurable, achievable, realist, time) e l’implementazione delle azioni necessarie e del tempo necessario per raggiungerli.
Se non ci sono questi elementi un piano non è credibile, è propaganda.

Cosa dovrebbe fare un Ente Pubblico?
Non credo ci si possa permettere di costruire un piano turistico comunale calato dall’alto, ma esso dovrebbe essere il risultato di una concertazione avvenuta con il mondo del turismo, valutando esigenze, necessità e priorità del comparto, lavorando affiancati da professionisti del settore.
A mio avviso il pubblico deve costruire le condizioni affinché i privati, e soprattutto i giovani, possano crescere e costruire il loro futuro in condizioni ottimali e seguendo le normative e leggi, permettendo loro di lavorare nella legalità (forse sopratutto questo ultimo punto è mancato).
Caposele oggi ancora non offre un’immagine unitaria e professionale di tutti i servizi turistici pubblici e privati, un fattore essenziale per promuovere una località e offrire un luogo ideale agli occhi del turista.

Cosa dovrebbero fare i privati?
Gli operatori turistici di questo comune invece sembrano fortemente demotivati a crescere e modificare le proprie strutture rispetto alle nuove esigenze del turista.
E’ chiaro che il nostro è un comune con una forte vocazione al turismo religioso che ha le sue peculiarità e esigenze, ma se si vuole crescere e destagionalizzare (cioè portare a Caposele e Materdomini turisti tutto l’anno) è necessario adattarsi, migliorare e ampliare le propria offerta, incentrandosi sulle nostre specificità territoriali.
Quindi da parte dei privati è sicuramente mancata la voglia di formarsi e informasi su cosa è cambiato all’interno del mondo del turismo, come sono cambiati i bisogni, i canali di vendita e promozione, di come il settore si evolve e si è trasformato negli ultimi dieci anni.
C’è bisogno di rinnovarsi e secondo me di aggiornarsi continuamente.
Ma ciò che davvero manca è la collaborazione e la condivisione di obiettivi comuni a discapito dei propri, puntando a ragionare maggiormente come comunità e non come singolo.
Ci deve essere la voglia di spingere affinchè le cose cambino ed essere spina nel fianco per chi ha il potere decisionale rispetto a determinate dinamiche.
In sostanza: se le amministrazioni non lo fanno i privati devo spingere affinchè determinate cose si facciano, non limitandosi a guardare, ma magari cominciando a proporre delle soluzioni. C’è bisogno di maggiore partecipazione alle scelte che riguardano il turismo di questo comune, c’è bisogno di privati che siano protagonisti.
In sintesi manca una forte propensione al cambiamento, la capacità di mettere avanti obiettivi comuni rispetto ai propri legato ad un senso di lassismo, rassegnazione e delega, manca la loro funzione di stimolo alla PA.

Cosa fare?
1. Mettersi insieme tutti.
Dal pubblico al privato, ai professionisti del settore riconoscendo ad ognuno le proprie competenze, conoscenze e professionalità.
L’obiettivo deve essere un Sistema Locale di Offerta Turistica che metta sul piatto tutti i servizi esistenti, tutte le eccellenze e i servizi esistenti.
Bisogna puntare sulle peculiarità del territorio non impiantando all’interno di esso degli elementi estranei che possono essere reperibili in altra parte del mondo o in Italia creando una motivazione nel turista tale da spingerlo a scegliere Caposele, scegliendolo per le proprie caratteristiche.
L’obiettivo della nostra destinazione deve essere quello di arrivare a portare sul territorio i turisti veri, quelli che scelgono le località e ci restano per più giorni e non gli escursionisti che spesso danneggiano e non portano economia per tutto il sistema.
L’economia turistica infatti gira intorno alle presenze e non intorno agli arrivi.
E’ assolutamente necessario aumentare le presenze e il tasso di occupazione medio dei nostri alberghi che oggi sono praticamente vuoti per buona parte dell’anno perché solo con maggiori presenze possiamo pensare di generare lavoro.

2. Avviare una vera programmazione e delle azioni per destagionalizzare:
⁃ creare un prodotto turistico completo e appetibile a target di turisti con maggiore capacità di spesa;
⁃ costruire pacchetti in accordo con i principali Tour Operator internazionali che promuovano l’intera Valle del Sele;
⁃ puntare ai turisti internazionali, gli stranieri. Iniziare a produrre materiali promozionali in lingua straniera.
⁃ stipulare accordi di partenariato con le diocesi e i tour operator che lavorano sul turismo religioso;
⁃ costruire vere offerte di servizi naturalistici – prodotti tipici – specificità territoriali (museo delle tradizioni – percorso legato ai prodotti tipici – servizi di sentieristica in montagna – trekking);
⁃ creare nuovi target di clienti e nuove offerte turistiche (come il turismo congressuale);
⁃ stimolare la nascita di nuove imprese nel settore turistico per gli under 35.

3. Formazione professionale:
Gli operatori turistici devono essere formati e aggiornati. Devono vivere il turismo anche al di fuori della loro struttura, partecipare a convegni, formazioni, scambiarsi le informazioni e aggiornarsi.
I professionisti del turismo devono iniziare a vedere e proporre le loro soluzioni per questo territorio.
Dobbiamo generare negli operatori turistici e nei cittadini una maggiore predisposizione all’accoglienza e al cambiamento, una maggiora affezione alla novità.

E dunque, per chiudere il discorso: come va fatta la promozione?
Nel turismo esiste il famoso “momento zero – momento della verità”, cioè quel momento in cui l’offerta turistica promossa viene fruita dal turista sul territorio. Il momento in cui la percezione e l’aspettativa che abbiamo creato nella mente del turista si incrocia con il servizio effettivamente erogato.
E’ per questo motivo che promuovendo dobbiamo comunicare la verità, tutto ciò che veicoliamo tramite i differenti canali deve essere vero ed esistente.
Che cosa significa vero?
Significa che se esiste un luogo fatiscente o inesistente, un servizio che poi non viene erogato, non deve essere promosso.
Nel turismo la promozione crea una cosa che si chiama aspettativa che se non soddisfatta genera un danno enorme per la località in termini di reputazione, e la soddisfazione del turista è l’elemento essenziale per l’ottimale promozione della destinazione.
Questo essenzialmente perché il turista in vacanza investe due cose estremamente importanti: tempo libero e denaro.
Se creiamo una falsa aspettativa all’interno della mente del turista quest’ultimo lo dirà almeno a 10 persone.
I nostri migliori promotori devono essere i fruitori del territorio, gli abitanti e gli operatori. Dobbiamo promuovere le nostre specificità e attrarre il turista legato al mondo dello slow del buon vivere.
In realtà dobbiamo creare delle aspettative attraverso la promozione, soddisfarle e possibilmente generare anche l’effetto “wow”, offrendo qualcosa che non avevamo comunicato e che il turista vede come un plus, come qualcosa che non si aspettava e che ciò permetterà di fidelizzarlo.

Dunque qual è il primo passo da fare?
E’ lavorare bene sui social network e online.
L’85% dei turisti prima di partire ricerca le informazioni online digitando su google la destinazione.
Chiede pareri ai familiari, agli amici e ai recensori su Tripadvisor (per citare un portale tra tanti).
Non controllare questi canali, non utilizzarli o utilizzarli male, determina un perdita di competitività non indifferente.
Bisogna dunque fin da domani mattina costruire un social media team della località che si occupi di curare l’immagine della destinazione online, che coccoli i potenziali turisti e li spinga ad acquistare i servizi su un portale che, ovviamente, deve essere efficiente, aggiornato e bene strutturato.
Due ragazzi che un computer alla mano, una connessione ad internet, una macchina fotografica ad alta risoluzione, che lavorino tutto il giorno alla promozione online del nostro comune, in italiano e in inglese.
Dopo aver fatto ciò possiamo fare tante brochure e volantini di carta, ma oggi nel turismo è meglio investire sul web e soprattutto costruire tutto per una domanda estera o fuori regione.
E tutto questo da domani mattina, non abbiamo più tempo, il settore corre troppo velocemente.

La verità è che l’Irpinia non conosce cosa significhi turismo.

L’ultima vicenda che ha visto protagonista il piccolo borgo di Monteverde e il suo Sindaco sulla questione pale eoliche e “il turismo che non c’è”, come da lui definito, mi ha indotto a riflettere proprio su quest’ultimo punto.
Quella di Monteverde è una triste storia che coinvolge non solo questa piccola realtà, ma è una questione che può essere tranquillamente spostata di riflesso su tutta la provincia di Avellino da Taurasi a Caposele, da Calitri a Montoro.
Le pale eoliche del Formicoso.
La storia della nostra terra è sempre la stessa ed è fatta di scelte: scegliere il presente (e i soldi delle multinazionali che inquinano terre e paesaggi) o il futuro, basato su un’economia che sia davvero turistica (o magari anche altra).
Di storie come questa l’Irpinia ne è tristemente piena: Caposele e la Pavoncelli bis, Conza della Campania e il suo invaso, l’Alta Irpinia e le trivellazioni.
Il principale problema a mio avviso è che non si conosce cosa sia il turismo e quali siano in realtà le sue reali potenzialità.
Il turismo, per fortuna, è una cultura e un fenomeno che vanno inseguiti, curati e realizzati negli anni (10- 20 anni) con costanza e insistenza perché possano portare dei veri risultati in termini di occupazione, sviluppo, crescita.
Un fenomeno molto complesso che include al suo interno tutti i settori, dal trasporto alla formazione, dai lavori pubblici ai servizi sanitari.
Un settore talmente delicato che non può essere approcciato con superficialità ma che necessita di decisioni, obiettivi e azioni mirate volte a costruire un sistema che possa attirare chi, sulla spinta di una motivazione forte, sia disposto ad acquistare e spendere tempo libero per il prodotto “Irpinia” e non solo per i singoli eventi, i prodotti tipici o i borghi in essa presenti.
L’invaso di Conza della Campania (AV)
L’inseguimento di questo sogno è però incompatibile con la politica e la cronica necessità del consenso ricercato dagli amministratori, facilmente raggiungibile attraverso “i ristori economici” delle pale eoliche, delle convenzioni sull’acqua, dagli accordi con le multinazionali.
L’impressione che ho è che l’Irpinia non abbia tutto questo tempo per divenire realmente turistica. Soprattutto penso che non possa diventarlo perché condizionata dalla fretta del consenso e dalla necessità di portare risultati immediati frutto di una mentalità che la nostra terra è abituata da decenni ad avere, legata ad un clientelismo del chiedi/hai.
Il turismo non è e non può essere immediato. Il turismo si costruisce con le idee e i progetti, con la testardaggine. 
Un destinazione turistica (non un solo comune) si crea costruendo dapprima i servizi per i cittadini, essenziali anche per i turisti, tutelando il territorio e le specificità dello stesso, fornendo e incentivando la costruzione di servizi turistici pubblici e privati, garantendo trasporti e, infine, promuovendo bene il tutto.
In fondo passaggi semplici e allo stesso tempo difficili perché trasversali nei settori, ovvi nella realizzazione, impossibili nei fatti.
Il cantiere Pavoncelli Bis di Caposele (AV).
L’Irpinia oggi è questa terra di contraddizioni dove il turismo vive a sprazzi e non riesce ancora a convincere realmente i politici, gli abitanti e gli imprenditori della necessità di porsi un reale obiettivo di territorio da qui a 20 anni e di costruire nel tempo le azioni necessarie per raggiungere tale obiettivo.
E se pensiamo solo al denaro nelle casse dei comuni oggi, questo obiettivo turistico per il domani non lo raggiungeremo mai anche se, puntualmente, ogni candidato di turno ce lo proporrà come soluzione.

A quel punto avrà ragione il Sindaco di Monteverde, che almeno smette di dire che il turismo è una potenzialità ammettendo che non esiste.
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